giovedì 19 agosto 2010

O si pensa o si crede.

SCHOPENHAUER, con logica implacabile, ma spesso anche con sarcasmo micidiale, prende per le corna la teologia e l'atterra. Già l'idea che un essere personale, come vuole il teismo, abbia creato il mondo dal nulla è di un'assurdità colossale e fa a pugni con l'assoluta certezza che dal nulla non si crea nulla. Queste cose si possono forse credere, dice il filosofo, ma non pensare. Oltre a ciò il teismo pone all'esterno quello che è all'interno: la causa del mondo va cercata nel mondo stesso e non fuori di esso. E siamo noi stessi, non un individuo diverso e staccato da noi, causa della nostra vita. Qui Schopenhauer è in perfetta sintonia con il buddhismo.
Alla religione, che chiama metafisica popolare, egli riconosce tutt'al più un valore allegorico, dato che la filosofia è fatta per pochi. "Le religioni, essendo state calcolate sulla capacità di comprensione della grande massa, possono avere solo una verità mediata, non immediata".
Le religioni sono necessarie al popolo, e sono per esso un inestimabile beneficio. Se però esse"vogliono opporsi al progresso dell'umanità nella conoscenza della verità, allora, pur con tutta la delicatezza possibile devono essere messe da parte. E pretendere che perfino un grande spirito - uno Shakespeare, un Goethe - si convinca e accetti implicite, bona fide et sensu proprio i dogmi di qualche religione è come pretendere che un gigante calzi le scarpe di un nano".
Disgraziatamente i giganti dello spirito sono molto più rari di quelli fisici, e questo spiega perché ì fabbricanti di scarpe o di ciabatte per nani, vale a dire i preti, facciano tanti affari. E più si cerca di contrastarli, più essi, i "vu' cumprà" dello spirito, imperversano con la loro paccottiglia: miracoli, stigmate, madonne di legno che piangono lacrime di sangue, favole insulse e via di seguito. "Quante fantasticherie - dice Lucrezio - essi sanno architettare per sconvolgere la vita e turbare col terrore ogni tua gioia". E hanno un mezzo sicuro per assicurarsi la credulità del loro pubblico: gli castrano il cervello fin dalla più tenera età, e vi imprimono i loro dogmi. In altre parole lo imprintano. E non c'è dubbio che un dogma ben impresso in un cervello tenero concresca con lui e diventi una specie di idea innata. Per questo la Chiesa ha sempre cercato di accaparrarsi le scuole elementari, più ancora di quelle superiori. Con tale sistema, scrive Schopenhauer, i preti vogliono garantirsi il "diritto di imprimere molto presto i loro dogmi metafisici negli uomini, ancor prima che la capacità dì giudizio si svegli dal suo leggero sonno del mattino, ossia nella prima infanzia: è il momento in cui qualsiasi dogma ben impresso, per quanto insensato possa essere, si fisserà per sempre. Se i preti dovessero aspettare la maturità di giudizio, i loro privilegi non potrebbero esistere".
Invece sono sempre esistiti e continueranno a esistere, quei privilegi, almeno fino a quando uno Stato veramente libero e laico non impedirà ai preti, che qui potremmo chiamare norcini dello spirito, di castrare il cervello dei bambini. Sentiamo Schopenhauer: "Solo quando il mondo sarà diventato abbastanza onesto da non impartire lezioni di religione ai ragazzi prima del quindicesimo anno di età, ci si potrà aspettare qualcosa da lui". E aggiunge: "Mediante il precoce indottrinamento, In Europa si è arrivati al punto che la credenza in un dio personale è letteralmente diventata, in quasi tutti, un'idea fissa".

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